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La notte diventa lei

Notturni, Studi e Tableaux

- Steven A. Nash

Karen LaMonte ha dedicato una parte decisiva della sua carriera ai Notturni e alla loro declinazione come Studi e Tableaux. Dal 2012–13 circa a oggi. I Notturni proseguono temi centrali del suo lavoro fin dagli anni formativi: il dialogo tra panneggio e figura femminile nelle idee di bellezza; la luce come elemento della forma; il gioco tra pieno e vuoto; la natura fisica e ottica dei materiali. Ma questi lavori aprono anche un territorio nuovo. Sia sul piano visivo sia emotivo. Come scrive l’artista: «Ispirata dalla bellezza della notte, chiamo queste sculture Notturni — oscure, seducenti, sublimi. Sono forme femminili assenti che emergono da abiti in penombra, figurazioni del crepuscolo.»

 

In effetti i Notturni segnano una fase diversa nel percorso di LaMonte. Richiamano aspetti chiave delle opere precedenti, ma introducono nuove qualità di materialità e di espressione poetica. La loro serialità estesa rivela una fascinazione particolare. Continuano anche mentre l’artista esplora idee scultoree nuove, come i recenti intagli in marmo di nubi cumuliformi. Il ruolo vitale che i Notturni svolgono nella sua produzione rende tanto più significativa un’indagine sulla loro evoluzione e sui loro significati.

 

OSCURITÀ INCARNATA

 

Come nelle precedenti sculture in vetro trasparente, nei Notturni LaMonte interroga a più strati la bellezza fisica. Ci chiede di considerare il fascino degli abiti in sé; l’attrazione delle donne “presenti” all’interno (tracciate dall’impronta dei corpi sulle superfici interne dei calchi cavi); e il modo in cui i vestiti influenzano la percezione della sensualità e dell’identità di chi li indossa.

 

Ma l’iconografia dei Notturni è diversa. L’artista lo ha spiegato con chiarezza: «Nel 2009 mi sono concentrata sulla notte e ho iniziato a pensare al corpo umano in un contesto molto più ampio e astratto. Mi sono interessata a creare figurazioni femminili della notte e a dare priorità all’atmosfera rispetto al racconto. Le figure emergevano e, al tempo stesso, si fondevano con la notte. Volevo avvolgere la figura femminile nel crepuscolo, esplorando insieme bellezza e oscurità.»

 

Questo programma ambizioso ha preso forma introducendo colore e nuovi materiali nel processo di fusione. Nella serie Mondo fluttuante aveva ampliato il repertorio con bronzo, ghisa e ceramica. Nei Notturni sceglie vetro, bronzo e ghisa, valorizzandone proprietà diverse rispetto al passato. Per le fusioni in vetro lavora con scienziati tedeschi a una formula di colore additivo capace di produrre le tonalità e l’assorbimento della luce necessari agli effetti di penombra desiderati. Per i bronzi adotta una lega diversa — il bronzo bianco — che restituisce superfici lucenti grigio-argento. Le fusion i in ghisa vengono lasciate ossidare lentamente, fino a patine polverose color cannella. Per l’artista, la temporalità del processo traduce l’idea di transizione e trasformazione.

 

La luce si comporta in modo diverso rispetto alle opere in vetro trasparente. Scompare la luminescenza spettrale degli abiti in chiaro, dove la rifrazione sfuma il confine tra margini solidi e spazio circostante, dematerializzando le forme. Nei Notturni la luce sembra rimanere intrappolata e attenuata. Le figure acquisiscono un’aura misteriosa e languida, come se fossero governate da rêverie o nostalgia. Queste tonalità d’ombra dichiarano il desiderio dell’artista di dialogare, in tre dimensioni, con le visioni notturne di Frédéric Chopin, John Field e James Abbott McNeill Whistler.

 

Al tempo stesso, le indagini di LaMonte su vetro, acciaio e ghisa mettono in rilievo la fisicità intrinseca e la tattilità dei materiali. È naturale volerle toccare per capire meglio quella bellezza materiale. Ne deriva una forte presenza plastica e una massiccia occupazione dello spazio. L’attenzione a texture, peso e proprietà naturali richiama da lontano la “verità della materia” di scultori come Jacob Epstein e Constantin Brancusi, che affermava: «La materia deve continuare la sua vita naturale anche quando è modificata dallo scultore.»

 

CREARE OGGETTI DEL DESIDERIO

 

Come in tutta la sua opera, i Notturni invitano alla contemplazione tanto per le qualità formali quanto per i significati iconografici. LaMonte persegue una rigorosa disciplina scultorea. Chiarezza, onestà, forme compiute in sé, struttura leggibile, dialogo sicuro con lo spazio. È sempre evidente il legame, nel tempo, con la scultura greca e romana antica: forza formale e compostezza.

 

Un tratto unico del suo lavoro è il dialogo tra pieno e vuoto che i calchi cavi instaurano. Esterno e interno. Superfici attive e calme. Le opere spingono contro lo spazio e insieme lo contengono. Il suo tema costante dell’assenza avanza nei Notturni. Ci invita a immaginare le figure mancate, e la tonalità d’ombra lo intensifica. Gli abiti notturni simulano il chiarore lunare, con sfumature dal grigio acciaioai toni verdi e violetti. Donne presenti solo attraverso l’abito diventano più elusive e misteriose. Gli oggetti del desiderio si allontanano, e con loro cresce il senso di attesa.

 

Molti scultori hanno raccontato la notte — sogno, lutto, terrore — con mezzi narrativi, pose ed espressioni (si pensi a Sleeping Muse di Brancusi o alla Notte e alle Tre Ombre di Rodin). Assorbire quell’esperienza nell’essenza stessa delle sculture è un’altra cosa. Medardo Rosso ci si avvicina con l’uso impressionistico della cera translucida, per effetti atmosferici cari ai pittori tonalisti. Ma i Notturni di LaMonte sono più olistici nell’approccio.

 

STUDI E TABLEAUX

 

Gli Studi e i Tableaux costituiscono nuclei importanti dei Notturni. Gli Studi, più recenti, richiamano il lessico della musica e dell’arte tonalista e simbolista: materiali non finiti, immateriali, effimeri. Sono versioni in scala ridotta — circa un terzo — delle grandi sculture e talvolta rimandano a opere maggiori. Non sono però maquette o studi preliminari. LaMonte li considera opere autonome. Le interessa come il cambio di scala e minimi scarti compositivi producano effetti estetici diversi. Nascono da zero: piccoli manichini (talvolta ottenuti scandendo modelle e stampando in 3D), vestiti con la stessa cura dei “parenti” maggiori e poi colati a pieno con tecniche altrettanto meticolose.

 

La scala è decisiva in scultura. Alcuni, come Rodin o Henry Moore, replicano lo stesso lavoro in più dimensioni. Altri concepiscono le opere in una scala che ritengono la più giusta per la composizione. Le maquette esistono, ma restano studi, non opere. Nel caso di LaMonte, la distinzione tra le due misure ha una finalità precisa. Gli Studi appaiono più delicati, raffinati, preziosi. Evocano le figurine d’argento e d’oro finemente lavorate dei maestri antichi. Al tempo stesso, la miniaturizzazione concentra l’energia del panneggio fluente, come una forza compressa. L’incontro tra precisione accresciuta e panneggio animato dà a questi lavori un linguaggio formale riconoscibile.

 

Dietro gli Studi agisce una forte influenza: il Théâtre de la Mode. Alla fine della Seconda guerra mondiale piccoli manichini, vestiti da celebri couturier francesi, furono esposti in scenografie di artisti contemporanei (tra cui Jean Cocteau e Christian Bérard). La mostra, in tournée in Europa e in America, ebbe un successo travolgente. Segno di orgoglio nazionale ritrovato e motore di ripresa economica. LaMonte ha scritto: «La piccola scala, con la sua grande intenzione ed effetto, mi ha ipnotizzata, come ipnotizzò il mondo nel marzo 1945. Fu una dichiarazione dell’importanza di bellezza e cultura nei tempi difficili e confusi, e mi ha ricordato i molti miti della creazione in cui la luce nasce dall’oscurità.»

 

Per l’artista, gli Studi «sono molto più che studi per opere più grandi. Celebrano il potere dell’ottimismo umano e il nostro bisogno duraturo di bellezza.»

 

Anche i Tableaux nascono, in misura non piccola, dal Théâtre de la Mode. LaMonte è da sempre interessata al teatro come incontro fra vita e arte. Lo studio delle mise-en-scène del teatrino di moda la spinge a installare Notturni a grandezza naturale in teatri storici per fotografarli. Voleva catturare l’impatto delle sue “storie senza corpi” e la risonanza tra couture senza tempo e teatro senza tempo. Le immagini risultanti, intrise di nostalgia e talvolta di mistero, rispecchiano l’aura delle sculture.

 

Le occasioni arrivano nel 2016 e nel 2017, in due teatri straordinari della Repubblica Ceca: il Teatro degli Stati di Praga (1783) e il Teatro barocco del castello di Litomyšl (1797). LaMonte considera queste presentazioni tra le più commoventi in assoluto. Ricorda l’emozione della prima installazione nel teatro dove Mozart diresse nel 1787 la prima del Don Giovanni: «Ho sentito il passato collidere con il presente.»

 

Il teatro di Litomyšl è conservato in modo impeccabile, con arredi e scenografie originali. Concepite per produzioni di piccola scala, quelle architetture hanno dato alle vesti a calco — in un ambiente intimo e sontuoso — una vitalità ancora maggiore.

 

L’artista accosta queste fotografie ai tableaux vivants ottocenteschi: modelli, in vari gradi di svestizione, posavano in grandi quadri scenici che narravano storie storiche o morali e religiose. Esistono analogie “alte” anche con la pittura di storia moralizzante della tradizione classica, diffusissima nelle accademie ottocentesche. Si pensi, ad esempio, ai Romani della decadenza (1847) di Thomas Couture, celebre e insieme molto contestato. Non ci sono stati altri allestimenti di questo tipo, ma quei due segnano momenti speciali nella carriera di LaMonte. I Tableaux hanno spinto il suo lavoro oltre i confini di musei e gallerie, in un contesto reale. Articolato e istruttivo. Capace di mostrare come alle sue forme si sovrappongano significati che vanno oltre il puro formalismo.

 

LAMONTE E LA STORIA

 

Il paragone con Gian Lorenzo Bernini sarebbe iperbolico. Ma si può dire che l’atteggiamento di LaMonte verso il panneggio, e il modo in cui lo tratta, evocano da lontano il precedente potente dei marmi seicenteschi, come il Monumento alla beata Ludovica Albertoni nella chiesa di San Francesco a Ripa a Roma. I panneggi di LaMonte sono parte costitutiva delle figure sottostanti e, insieme, sembrano avere vita propria (come le pieghe fluenti dell’abito di Albertoni). Entrambi gli artisti amano rivelare le qualità innate dei materiali: texture seducenti, modellato morbido, gamme tonali che danno luminescenza a panneggio e pelle.

 

Esistono affinità — curiose ma forse casuali — con due capolavori neoclassici. In una delle installazioni dei Notturni nei teatri cechi (2016–17), una figura reclinata è posta su una chaise longue in stile Impero. Il motivo richiama ritratti di Antonio Canova e Jacques-Louis David. Con la Paolina Bonaparte come Venere vincitrice (1805–1808) condivide non solo il modello antico della figura sdraiata, ma anche un erotismo amplificato dal gioco visivo di corpi insieme rivelati e celati. Il Ritratto di Madame Récamier di David, invece, è esemplare di quei codici sociali e culturali dell’abito che interessano profondamente LaMonte. Il dipinto, rimasto incompiuto, risale agli anni successivi alla Rivoluzione francese. Durante il Direttorio i ceti, il ruolo del commercio e il lusso venivano ridefiniti. Come emblema di una nuova ondata di moda, successiva all’austerità rivoluzionaria e agli eccessi rococò, quel ritratto proclama status, gusto, consapevolezza di un nuovo ordine. Autoaffermazione, posizione sociale e seduzione si stringono in un’unica dichiarazione di stile.

 

CONTEMPORANEITÀ

Nonostante i rimandi​ al passato, le sculture di LaMonte appartengono pienamente al nostro tempo. Partecipano al ritorno della figura dopo la messa al bando minimalista delle forme umane in favore dell’astrazione elementare. E ribadiscono il ruolo che la scultura ha avuto in questa svolta. Molti artisti contemporanei hanno fatto del corpo un veicolo per indagare la condizione umana: Kiki Smith, Jaume Plensa, Thomas Schütte, Huma Bhabha, Juan Muñoz, Georg Baselitz. Il contributo di LaMonte passa per l’invenzione materica e formale e per l’esplorazione dell’identità femminile e dell’autoespressione. Ci colpisce sul piano sensuale e su quello astratto. Ogni scultura è una costruzione integrata di esperienza visiva, aptica e intellettuale. Unitaria. Come ha osservato la pittrice britannica Cecily Brown, «La pittura è bravissima a dire più cose allo stesso tempo.» I Notturni di LaMonte confermano che anche la scultura lo è.

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