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I fantasmi di un Mondo Fluttuante

- Laura Addison

DAL 1990, Karen LaMonte esplora la figurazione nel vetro attraverso i motivi di marionette, specchi e abiti come surrogati dell’umano. Con gli abiti a grandezza naturale in vetro colato per i quali è ampiamente nota, LaMonte concentra l’attenzione su due nozioni di pelle. «Credo che abbiamo due pelli che delineano e definiscono chi siamo», ha spiegato. «Una, naturalmente, è la nostra pelle naturale; ma la offuschiamo e la nascondiamo sotto i vestiti, che sono una seconda pelle, la nostra pelle sociale.»

OGNI DONNA INCARNATA

 

Nella serie Mondo fluttuante (Floating World), Karen LaMonte approfondisce la nozione di “pelle sociale” incorporando la specificità culturale del Giappone e le connotazioni materiche di vetro, ceramica, bronzo e ghisa arrugginita. Il progetto ha offerto a LaMonte l’opportunità di lavorare con il complesso sistema di significati racchiuso nel capo archetipico del Giappone: il kimono.

LaMonte ha dedicato quattro anni di ricerche al kimono per questo progetto, includendo una residenza di sette mesi a Kyoto, sostenuta dalla Japan–U.S. Friendship Commission. Lì ha studiato tutti gli aspetti del kimono — produzione, forma, funzione, simbolismo. Ha imparato i rituali legati all’indossare un kimono e la complessità del gesto di vestirlo. Ha persino collaborato con un maestro sarto di kimono, Minami-san. Tornata a casa e in studio, a Praga, LaMonte ha portato con sé più di 250 kimono. Il suo lavoro sul kimono richiama il giapponismo e l’eredità dello sguardo occidentale sul soggetto giapponese, rintracciabili nei temi e nei dispositivi compositivi di artisti d’avanguardia europei come Édouard Manet, Edgar Degas, Claude Monet, James Abbott McNeill Whistler e Vincent van Gogh. Tuttavia, l’interesse di LaMonte non era per dispositivi compositivi e fantasie — né, del resto, per la questione di genere —, bensì per un’indagine sul linguaggio del kimono, sulla bellezza e sulle dinamiche sociali che l’abito riflette.

Ben distinte dalle curve sensuali e dal panneggio barocco delle sue sculture di abiti euro-americani, le sculture a kimono di LaMonte riflettono una norma culturale diversa, in cui la figura umana è privata di tutte le curve per diventare una forma cilindrica idealizzata. «Il modo in cui si indossa il kimono rispecchia il rapporto tra l’individuo giapponese e la società», spiega LaMonte. «Indossare un kimono significa letteralmente cancellare l’identità individuale e unirsi al gruppo.»

Questa idea è al cuore del progetto sul kimono di LaMonte: «la cancellazione dell’individuo». L’intento di “cancellare” l’individuo in favore del gruppo si riflette anche nel processo di fusione. Per Mondo fluttuante, l’artista ha costruito un manichino basato sui dati biometrici della popolazione giapponese compilati dalla NASA. Ha scelto le misure del cinquantesimo percentile delle donne giapponesi di 40 anni nel 2000, a 1 g (un’accelerazione di gravità). In altre parole, LaMonte ha creato una figura media — «l’esatta everywoman o no-woman», come la definisce. La figura non è individuale, ma la mediana di un collettivo. I kimono sono incarnati — l’abito appare occupato, abitato, forse persino infestato. E tuttavia l’assenza di pelle, carne, arti, testa e tratti del volto nega alla figura un’identità individuale.

(IM)MATERIALITÀ

L’esplorazione di materiali diversi — vetro, ceramica, bronzo e ghisa arrugginita — conferisce a ciascun soggetto gradi differenti di presenza. Il vetro possiede la struttura molecolare disordinata di un liquido ma lo stato fisico di un solido. Non è né l’uno né l’altro, ma entrambi simultaneamente. Inoltre, il vetro porta con sé associazioni metaforiche con la luce, l’etereo, l’immateriale. LaMonte descrive il suo lavoro in vetro colato come un tentativo di «negoziare il visibile e l’invisibile». L’insieme di questi fattori fa sì che le sculture in vetro di LaMonte diano l’impressione di apparizioni. I kimono in vetro offrono allo spettatore la sensazione che questa everywoman giapponese sia uno spettro che persiste nonostante la sua immaterialità. Potrebbe persino smaterializzarsi in pura luce.

Per un’artista tanto celebrata per la scultura in vetro, lavorare con ceramica, bronzo e ghisa ha offerto a LaMonte insiemi del tutto nuovi di simbolismi materici da esplorare. Definisce l’argilla il «nostro corpo universale», estendendo la metafora corporea dalla terra informe alla scultura formata. Creare un kimono in argilla è un omaggio riverente alla ricca storia giapponese della ceramica.

Le sculture a kimono in ceramica introducono anche il colore nel repertorio di LaMonte, sia attraverso sontuose vetrine celadon verdi, sia tramite l’argilla nera o bianca non smaltata, o il rosso aranciato della terracotta. L’opacità dei kimono in ceramica offre un yin terreno allo yang spirituale e traslucido del vetro.

 

Le fusioni metalliche mettono a confronto longevità e vulnerabilità. I kimono in bronzo e in ghisa arrugginita consentono inoltre la massima esplorazione della decorazione di superficie — un fatto che accorda le sculture di LaMonte con la centralità dei motivi nelle stampe ukiyo-e (xilografie). Le impronte a rilievo sui kimono sono l’occasione per includere parte dell’iconografia tipica di questi abiti giapponesi. «Il bronzo», osserva l’artista, «celebra l’impegno e i risultati. I nostri eroi li fondiamo in bronzo.» Fondere l’everywoman giapponese in un materiale un tempo riservato agli uomini in posizioni di autorità significa attribuirle valore pari al suo corrispettivo maschile.

Al tempo stesso, i busti in bronzo dei leader nazionali concentrano l’attenzione non sul corpo, ma sull’identità individuale e sulla somiglianza del soggetto. Sono esattamente gli elementi che LaMonte rifiuta intenzionalmente nelle sue sculture dell’everywoman giapponese. Il bronzo memorializza e ha una durabilità che non è propria dei materiali più vulnerabili come vetro o ceramica. Commemorare significa riconoscere l’«esserci stato» del commemorato — i fantasmi che, nelle sculture di LaMonte, sono al tempo stesso presenti e assenti.

La ghisa, come il bronzo, è significativa nell’industria, nella pace e nella guerra. È il materiale delle valute africane, delle armi e degli attrezzi agricoli. LaMonte la associa alla temporalità e all’effimerità in virtù della sua ossidazione intenzionale, che le conferisce un senso di antichità e disuso. La ghisa stessa è abitata dai fantasmi della vita agricola, quando il fabbro ricopriva un ruolo chiave nelle piccole comunità, recuperando metallo da utensili consunti e riforgiandone altri fondendo il vecchio nella fornace. In altre parole, la ghisa evoca una nostalgia per i giorni passati e le tradizioni di un tempo, un’impressione accentuata dalle colature di ruggine che smentiscono il fatto che queste sculture siano del 2012 e non di secoli fa. La ghisa arrugginita segnala anche come il kimono abbia perso il suo ruolo di abito quotidiano a seguito della occidentalizzazione della cultura giapponese del dopoguerra. Oggi i kimono si indossano principalmente per occasioni cerimoniali.

 

SPETTRALITÀ E TRASFORMAZIONI

 

Qualunque sia il medium scelto, LaMonte mette in atto un processo trasformativo che implica un calco e una formazione attraverso il fuoco. La fusione è, in sé, un processo che usa un negativo per creare un positivo. È dunque un procedimento in cui si perde la presenza fisica “originaria” — il modello (reale o costruito) — il cui corpo viene usato per creare uno stampo. Quella presenza viene poi recuperata quando la colata avviene nello stampo. Il fatto che LaMonte realizzi la stessa figura in ciascuno dei quattro materiali sottolinea l’importanza di ripetizione, replica e riproduzione in questa serie.

 

Ogni materiale — ceramica, bronzo, ghisa, vetro — registra in modo diverso i dettagli dei tessuti. Le ripetizioni della stessa postura o gesto in materiali differenti sono una compenetrazione acuta di materia e contenuto, forma e iconografia. Le sfumature di significato che “perseguitano” vetro, ceramica, bronzo e ghisa offrono una lente interpretativa per comprendere meglio le esplorazioni culturali ed estetiche di LaMonte sul kimono. Attraverso le sue spettralità scultoree in un mondo fluttuante, LaMonte propone un giapponismo contemporaneo informato dalla storia e dalla sociologia, non dalla fantasia e dal desiderio.

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