
LA TEMPESTA PERFETTA
IL TEMPO COME METAFORA
Da bambina pensavo che le nuvole fossero prodotte in una centrale elettrica lì vicino. Dalla finestra della mia camera, a New York, guardavo il vapore sbuffare dai camini e salire verso il cielo. Il mio fascino per le nuvole non si è mai esaurito.
Le nuvole mi incuriosiscono perché rendono visibili le forze invisibili del mondo naturale. Punteggiano il cielo di transizioni, tra essere e non essere, e parlano universalmente dell’impermanenza umana, quella che Johann Wolfgang von Goethe chiamava “costanza nel cambiamento”. John Ruskin scrisse che “tra il cielo e l’uomo si frappose la nube”. Forse è per questo che le nubi cumuliformi sono la scelta dell’iconografia religiosa sia in Oriente sia in Occidente. Nell’arte tradizionale cinese l’essenza femminile della terra si manifesta nelle nuvole; in quanto fusione degli elementi acqua e aria, cielo e terra, sono considerate l’unione di yin e yang.
Nell’arte religiosa occidentale le nuvole sono il dominio di santi e divinità. Nell’esoterismo islamico la nuvola è lo stato primordiale di Allah. Con pensieri molto più semplici ho iniziato a creare le mie nuvole a ventitré anni. Dopo essermi laureata alla Rhode Island School of Design ho realizzato sculture che catturavano il tempo atmosferico sotto campane di vetro e ho smaltato nuvole sulla superficie di fiori di vetro e di abiti in vetro soffiato. Ispirata alle opere surrealiste di René Magritte, nel 1995 ho piantato quei fiori nel Black Rock Desert, ai margini di Burning Man.
Nel decennio successivo i piccoli abiti sono diventati sculture monumentali. Lavorando con panneggi sempre più esasperati, come in Impronta di panneggio reclinato, ho iniziato a vedere il corpo come un paesaggio che modella montagne di stoffa che si riversano sulla figura. Alla fine panneggio, paesaggio e tempo atmosferico si sono fusi nelle mie astrazioni in vetro e ceramica.
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